Perché lo chiamano climate quitting e che cos’è

climate quitting

Lavorare per qualcuno che danneggia l’ambiente? No, grazie. Si chiama Climate Quitting ed è la nuova tendenza dei giovani che decidono di abbandonare il proprio posto di lavoro per ragioni etiche legate all’ambiente. 

Non importa quale ruolo si arrivi a ricoprire all’interno di un’azienda, e non importa nemmeno quanto sia ben pagato: sono sempre di più i giovani che scelgono di licenziarsi perché l’azienda richiede loro di svolgere mansioni al di fuori della propria etica, specie se in fatto di ambiente. 

Una ricerca sulle dimissioni volontarie realizzata quest’anno dal Politecnico di Milano dimostra che, in Italia, il 65 per cento di chi ha meno di 30 anni considera importante che il proprio lavoro abbia un impatto positivo sulla società. Un’azienda che si interroga profondamente sul senso della propria mission e dei propri valori sarà più propensa ad attirare l’attenzione di giovani competenti che, secondo i dati, sono disposti anche a guadagnare di meno se però questo significa investire tempo e risorse in qualcosa che abbia un senso e che sia utile al mondo. 

Un buono stipendio non è tutto, e se è vero che la necessità sempre più diffusa è quella di coniugare lavoro e tempo libero in modo più equilibrato e flessibile, il climate quitting dimostra anche che questo equilibrio è frutto di scelte etiche precise, che nei prossimi anni si presume saranno sempre più diffuse.

Leggi anche: Perché l’educazione all’affettività è importante nei luoghi di lavoro.

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