La costruzione del mito della globalizzazione è un elemento indispensabile per la sua realizzazione. E un mito si fonda sull’empatia, sugli archetipi. Gli archetipi sono fondamentalmente immagini. Ecco perché, molto prima della comparsa delle intelligenze artificiali che oggi sono in grado di produrre qualunque tipo di immagine letteralmente a comando, è dall’inizio del secolo che siamo impegnati in una abnorme impresa collettiva di produzione di immagini. False, per lo più.
Ma utili a raccontare una storia. La storia di un brand, la nostra storia personale. Le pubblicità online e in TV sono sempre meno la presentazione di un prodotto, e sempre più un favoloso viaggio nel mondo del racconto. Dell’invenzione, del fittizio. E così anche la storia dei monaci tibetani che navigano in internet non è che il prodotto di un’invenzione, una pubblicità lanciata in una campagna di Ibm. Anche se, molto probabilmente, oggi non è poi così distante dalla realtà.
Da nord a sud del mondo, la colonizzazione digitale ha raggiunto popolazioni nomadi e santoni, giovani tibetani e non. Quindi no, internet non è importante per i monaci tibetani. Perché? Perché tutto questo è solo una storia atta a veicolare un messaggio: siamo sempre più interconnessi.
Se pensi che abbiamo scritto questo articolo grazie all’intelligenza artificiale, ti sbagli. Leggi perché ChatGPT è illegale in Italia.